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La tutela della maternità


La legge italiana (D. Lgs. 151/2001) garantisce la protezione della salute della madre lavoratrice e il diritto del bambino ad un'assistenza adeguata. La donna lavoratrice dipendente ha diritto:

  • a permessi retribuiti per effettuare esami prenatali, accertamenti clinici, visite mediche specialistiche, nel caso in cui questi debbano essere eseguiti durante l'orario di lavoro
  • a non essere licenziata: il divieto di licenziamento decorre dall'inizio della gravidanza fino al compimento di 1 anno di età del bambino
  • a non essere adibita a lavori a rischio, gravosi e insalubri
  • all'astensione obbligatoria (congedo di maternità) dal lavoro retribuita all'80% (in alcuni casi al 100%) per un periodo che va da 2 mesi prima a 3 dopo la nascita del bimbo oppure da 1 mese prima a 4 dopo. Tale periodo di assenza conta sia come anzianità di servizio che per il calcolo della 13 e delle ferie. In caso di complicazioni della gravidanza o di condizioni di lavoro o ambientali pregiudizievoli alla salute della donna e a quella del bambino e nel caso in cui debba essere adibita ad altre mansioni, la ASL o la Direzione territoriale del Lavoro può disporre, sulla base di accertamento medico, l'interdizione dal lavoro anche per periodi precedenti al congedo di maternità e in questo caso si parla di maternità anticipata;
  • agli assegni famigliari e agli sgravi fiscali per coniugi e figli a carico, anche per le donne immigrate; se ha la cittadinanza italiana ha diritto agli assegni famigliari anche per i figli minori residenti all'estero
  • alla maternità retribuita anche se ha un contratto a tempo determinato
  • alla riduzione dell'orario di lavoro per tutto il primo anno di vita del bambino

La donna libera professionista può utilizzare il congedo di maternità e richiedere l'indennità di maternità al suo ente previdenziale, il cui importo varia a seconda dell'attività. La donna imprenditrice ha diritto al congedo di maternità previa domanda all'INPS. Alla donna lavoratrice autonoma (artigiana, commerciante, coltivatrice diretta) o parasubordinata spetta l'indennità di maternità per i 2 mesi prima e 3 mesi dopo il parto, ma non ha l'obbligo di astenersi dal lavoro. Anche per la donna collaboratrice domestica è previsto il diritto al congedo di maternità e per ottenere l'indennità; la lavoratrice deve avere almeno 6 mesi di contribuiti settimanali nell'arco precedente o 1 anno di contributi nel biennio precedente. La donna con un contratto a progetto, co.co.co. presso le Pubbliche Amministrazioni, associata in partecipazione o titolare di reddito autonomo occasionale, di cariche societarie, iscritta alla gestione separata INPS, ha diritto all'indennità di maternità (condizioni da verificare con l'Ente previdenziale). Dal 2007 anche queste lavoratrici hanno l'obbligo di astensione dal lavoro di 5 mesi. È prevista inoltre una proroga di 180 giorni del rapporto di lavoro. La donna disoccupata ha diritto all'indennità di maternità se all'inizio del congedo aveva diritto all'indennità di disoccupazione. La donna disoccupata italiana, comunitaria o extracomunitaria in possesso di carta di soggiorno, può presentare domanda per l'assegno di maternità presso l'Assessorato ai Servizi Sociali del Comune di residenza e/o alla sede INPS di residenza, entro 6 mesi dalla nascita del bambino. La donna straniera senza carta di soggiorno può rivolgersi al Consultorio e alle Associazioni di Volontariato che offrono accoglienza, informazioni e assistenza, senza correre il rischio di segnalazione finalizzata all'espulsione poiché la legge italiana garantisce l'assistenza sanitaria anche ai migranti senza documenti. Può fare richiesta di permesso di soggiorno per maternità, che ha validità fino al 6° mese di vita del bambino. Inoltre, in Italia la legge riconosce alla donna il diritto a partorire in anonimato in ospedale. La legge italiana consente alla madre di non riconoscere il bambino e di lasciarlo nell'ospedale in cui è nato (DPR 396/2000, art. 30, comma 2) affinché ne sia assicurata l'assistenza, l'adottabilità e la tutela giuridica.

Il congedo parentale


Entrambi i genitori lavoratori dipendenti hanno diritto a un periodo di astensione facoltativa (congedo parentale) fino agli 8 anni di età del bambino. L'astensione facoltativa è retribuita al 30% dello stipendio fino ai 3 anni di vita del bambino, dopo è prevista retribuzione solo se il reddito del richiedente (madre o padre) è inferiore a 2,5 volte il trattamento minimo di pensione. Il diritto al congedo parentale può essere esercitato per un periodo continuativo o frazionato per massimo 6 mesi e per 10 mesi nel caso in cui la mamma o il papà siano soli (unico genitore). Le lavoratrici autonome e alcune categorie di lavoratrici iscritte alla Gestione Separata dell'INPS hanno diritto al congedo parentale per un massimo 3 mesi, entro il primo anno di vita del bambino. Durante il periodo del congedo parentale, tali lavoratrici devono dichiarare di astenersi effettivamente dall'attività lavorativa. Le mamme e i papà adottivi o affidatari possono usufruire del congedo parentale, qualunque sia l'età del bambino, entro 8 anni dall'ingresso del minore in famiglia, ma potranno ricevere la relativa indennità solo per i periodi di congedo fruiti nei primi 3 anni dall'ingresso del minore in famiglia.